Qualche tempo fa mi chiesero quale fosse il miglior modo per conquistare la mia attenzione. “Tu parlami di cibo e cultura, avrai un catalogo di emozioni senza alcun criterio prestabilito e il mio massimo ascolto”, risposi.
Ripensando a fine settembre, a quella estasiante esperienza che mi regala sempre Torino, mi sono ritrovata ancora una volta in quella che io credo sia la massima manifestazione dello spirito del mondo. Attraverso un evento come Terra Madre possiamo arrivare, seppur in forme e intensità diverse, a ragionare sulle politiche agricole e su chi nel mondo produce ancora cibo buono, pulito, giusto e sano.
Metti insieme 120 paesi nel mondo, incastra lingue, modi di dire, segreti di cucina sussurrati all’orecchio, talk coinvolgenti, conferenze in fermento, scambi di semi e saperi e ottieni una cinque giorni in grado di coninvolgere oltre 300 mila persone intorno allo slogan Noi siamo Natura.
Organizzata da Slow Food, Regione Piemonte e Città di Torino, Terra Madre è un invito a cambiare paradigma. Lo si può fare se si mettono in gioco responsabilità, dialogo, cooperazione ed educazione alimentare. Ho visto migliaia di donne e uomini, contadine, allevatori, panificatrici, pescatori che hanno testimoniato modelli altri, modelli agroecologici che tutelano la biodiversità e sanciscono la necessità della sovranità alimentare. Modelli, che se presi in considerazione da una fitta rete, sono in grado di garantirci un progresso che intreccia indissolubilmente il benessere umano, con quello animale e con gli ecosistemi.
Una montagna, un mare e un prato di laboratori
Abbiamo provato a tracciare una rotta di cibi, vini e luoghi che ho raccontato in alcuni laboratori in questa occasione, portando al pubblico di Torino un assaggio di casa mia: il Friuli Venezia Giulia. Allo stand regionale, insieme a PromoTurismo FVG e al team di Ufficina, ci siamo dati da fare tra spadellate, assaggi, confronti e scoperte, per mettere in luce quella che spesso viene considerata la regione “alla fine del mondo” o quel punto così lontano da tutto il resto che è sempre troppo difficile da raggiungere. Così, ogni due anni, è il Friuli ad arrivare “al mondo”, o meglio al Parco Dora, e come sempre la portata del racconto e dell’alta qualità presentata stupisce, arricchisce e intesse una fitta rete di rapporti preziosi.
I laboratori che ho condotto hanno trattato diverse tematiche umane, sociali, tecniche e geografiche senza smettere mai di passare attraverso e dentro le emozioni. In ordine:
Dolce di Natura: il miele. Un laboratorio dedicato ad una delle eccellenze del Friuli Venezia Giulia: il millefiori, il tiglio, il castagno, il tarassaco, l’acero sono solo alcune delle tante essenze che caratterizzano la mielicoltura regionale. Ho avuto il piacere di intervistare Gaia Comaro e Sara Devetak, delle omonime aziende, da ogni loro miele un assaggio della biodiversità che la natura ci offre e che la sinergia tra uomo/donna e le api trasforma in un alimento importantissimo.
A spasso per...il Friuli Centrale. Classica abbinata vino & formaggio, ma davvero speciale con quello di latteria turnaria Presidio Slow Food. Quale modo migliore per raccontare questo angolo di Friuli che segna il passaggio verso le montagne della Carnia? È stata una degustazione, prima di tutto, alla scoperta del territorio e delle anime che mantengono vivo questo ancestrale sistema, e di conseguenza anche delle eccellenze gastronomiche che ne derivano. Questo breve ma intenso viaggio è stato reso possibile grazie alle preziose testimonianze di Maurizio Tondolo dell’ecomuseo di Gemona, custode di grandi saperi, e di Clara Cargnelutti, giovane allevatrice di Gemona del Friuli, che ha un microallevamento di dieci vacche da latte ereditato dalla famiglia.
Valli immerse nella Natura. Ci siamo immersi in un ventaglio di verdi vallate che da Cividale del Friuli ci conducono in Slovenia, alla scoperta della biodiversità locale custodita negli orti e alle tradizioni gastronomiche simili a quelle che ritroviamo nelle aree montuose alpine. Le dorsali alte delle Valli del Natisone custodiscono però un’eccezione, una zucca detta Malon, che è stata silenziosamente tramandata nei secoli e che oggi viene tutelata da un Presidio Slow Food. A testimoniarne il fedele passaggio generazionale e i rituali di cottura è stata Caterina Dugaro dell'agriturismo La Casa Delle Rondini, affiliata delle Donne della Benečija e immancabile ristoratrice del progetto Invito a Pranzo.
La natura amara delle erbe. Ci siamo immersi anche nei sentori delle erbe aromatiche e delle essenze naturali per una degustazione dedicata a liquori e amari caratteristici del territorio friulano guidati da Mattia Pagura, quinta generazione della Distilleria Pagura. Sentori che la distillazione ci permette di apprezzare e che abbiamo abbinato con gli strucchi, incredibile prodotto da forno insito nell’Arca del Gusto di Slow Food, e con la sua versione “madre”: la gubana, raccontati da Flavio dell’azienda Gubana della nonna.
A spasso per il Carso. Un territorio selvatico e crocevia tra mondi, dove flora e fauna sono ricche e perfetta sintesi del binomio uomo-Natura. Io e Andrej Stoka, della fattoria Asino Berto, lo abbiamo raccontato attraverso tre prodotti identitari: un sorso di Terrano, che si caratterizza per un suolo unico, il ragù e il salame di pecora carsolina Presidio Slow Food che si produce in loco Andrej, unico produttore che ancora mantiene viva questa tradizione.
Per fare un albero…ci vuole Natura. Forse non tutti sanno che la regione Friuli Venezia Giulia conserva una ricca biodiversità frutticola. Nella fascia premontana, si trovano varietà di mele antiche, oggi presidiate da Slow Food, che insieme a chi le produce, come Christian Siega dell’azienda Borgo delle Mele, testimoniano l'importanza storica della frutticoltura. In montagna, i peri ad alto fusto, essenziali per la gastronomia alpina, sono tutelati come Presidio Slow Food, in particolare le pere klotzen che Luigi Faleschini, dell’omonima azienda, ancora produce, tutela e racconta in giro per il mondo.
Una scelta di futuro
Quando il cibo diventa merce, si piega alla logica del consumo e del profitto, e tutto si stravolge: salute, ambiente, clima. Il sistema alimentare è responsabile del 35% delle emissioni di gas serra, divora risorse d’acqua dolce, inquina terra, aria e mare, cancella biodiversità. Spreca un terzo di ciò che produce e alimenta filiere ingiuste, in cui la ricerca del guadagno accetta fame, sfruttamento, povertà e persino morti sul lavoro. È un sistema dove pochi guadagnano a scapito di tutti.
Ma esiste un’altra strada, quella che è stata discussa a Terra Madre 2024: cibo come nutrimento e cultura, un legame che ci riconduce alla terra, al suolo, all’acqua e alla natura. Riconnettersi alla natura è riscoprire il valore di ogni legame tra i viventi, ricordarci che siamo parte di un insieme da proteggere. Questo significa custodire la diversità: dal più piccolo microrganismo nel suolo alle specie animali e vegetali, fino agli ecosistemi e ai saperi delle culture di ogni angolo del mondo. Accogliere la diversità significa immaginare mondi nuovi: dalla competizione alla collaborazione, dallo sfruttamento al rispetto, dal degrado alla cura. Non più il profitto di pochi, ma il bene comune. È un impegno per i diritti, la giustizia, la pace e soprattutto per il futuro.
Conclusioni
La mia situazione di condivisione preferita rimane “a tavola, basta che ci sia pane e vino”. Terra Madre è un po’ una sintesi di questa immagine, l’essenziale per individuare una nuova prospettiva che metta gli esseri umani dentro la natura, come parte del tutto. Raccontare ancora del Friuli Venezia Giulia, dei suoi protagonisti e delle sue inconfondibili perle in questo contesto è sempre un onore e un impegno che non mi stancherò mai di sostenere. Consapevole di star dando voce a qualcosa di più grande, con delicatezza cerco di far emergere la dedizione e il legame viscerale che questi uomini e donne nutrono per la propria terra. Attraverso i loro racconti, mi faccio tramite di autenticità, portavoce di un’eredità che pulsa, fiera, di generazione in generazione.
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