Inizio questo nuovo anno con una confortevole memoria di fine dicembre 2023, quando ho accompagnato un amico in quella terra di confine tra Friuli e Veneto, Carnia e Cadore, la bellissima Sappada. Nell’incantevole quadro di Plodn (in dialetto tedesco sappadino), la vita scorre con ritmi lenti e il contesto naturale da puro idillio alpino ha sempre la capacità di stregarmi, quanto le tradizionali baite in legno, un patrimonio architettonico gelosamente preservato.
Salendo i tornanti ho provato ad immaginare come viveva quel popolo di germanici incuneati e isolati dal mondo, che avevano avuto il coraggio di costruirsi un villaggio in mezzo al nulla. Purtroppo non esistono documenti che testimonino la nascita di questa vallata fiorente, ma c’è una leggenda che mi piace sempre molto raccontare, che narra di 15 famiglie tirolesi, scese a sud per scappare dal regime di quei conti tiranni dell’anno Mille, che avrebbero fondato 15 borgate, che tutt’ora costituiscono il paese. Pensate a queste 15 famiglie isolate, a 1250 metri in una vallata chiusa fra passi alpini, che sono riuscite a persistere al susseguirsi delle varie dominazioni, senza mai badare troppo a chi si alternava nel gioco del potere, mantenendo sempre una forte identità e tramandando la propria lingua e cultura fino ad oggi.
Il panorama gastronomico Sappadino ha goduto di un’impennata di qualità e diversificazione di offerte sorprendenti negli ultimi anni e, dopo un paio di visite amiche ad alcuni locali nelle varie borgate, siamo finalmente giunti al Ristorante Laite. All’ingresso ci attendeva Elena, dal sorriso contagioso, che ci ha fatti accomodare in una delle due piccole sale, separate dalla kòchlouvn, la stufa in pietra.
La fortuna di spostarsi in queste vallate di lunedì mattina, è che il ristorante diventa una stanza tutta per sè, come un caldo abbraccio familiare.
In stile tipico delle stube le pareti sono rivestite in legno e, nonostante le gustose moderne accortezze degli interni e dei dettagli della mise en place, sapere di essere in un luogo che risale al 1600 a me fa sempre un certo effetto.
Ci troviamo nel regno della chef Fabrizia Meroi, e di sua figlia sommelier AIS Elena Brovedani, che con un grande lavoro di squadra propongono una cucina radicata nel territorio e del territorio, ricca di personalità e mai banale. Qui le stagioni fungono da a metronomo, il cui rintocco è dato dalla ricerca di equilibrio dei sapori, e non mancano contaminazioni di oltre oceano. Per quanto riguarda la lista vini Elena l’ha ereditata dal papà, che comprende oggi 2.500 etichette per un totale di circa 7.000 bottiglie da tutto il mondo, con una profondità di annate strabiliante.
I menù degustazione sono tre: Asou è il menù storico, Plissn è il più ampio e quello che parte dalla tradizione e si declina in base all’estro di Fabrizia e allo scoccare delle stagioni, e infine Verpai, un menù che i commensali possono comporre a piacere, scegliendo cinque portate tra le proposte degli altri due menù degustazione. Indovinate un po’ per cosa ho optato io?
Menù Verpai
Laite vuol dire “un prato al sole” e vi assicuro che in questo viaggio, che sia composto e infiocchettato o che sia scomposto e ricreato da voi, la sensazione rimane quella di una calda carezza piena di emozioni frizzanti. Iniziamo!
Come benvenuto sorseggiamo una bollicina di Bellaguardia Zero Millesimato 2016 Pas dosè, ottenuto dalla selezione di uve Pinot bianco e Durella di Montecchio, con una bolla sottile e scorrevole che fa strada agli sfiziosi entrèe.


Come abbinamento vini ci siamo completamente affidati a Elena, lasciandoci cullare da mani esperte abbiamo fatto un piccolo giro dell’Europa. Partiamo dalla Germania con un Riesling della Mosella “Zenit” del 2018 di Paulessen, una bella interpretazione del Riesling che qui ha un colore paglierino piuttosto carico e ampi profumi fruttati e note minerali che lo completano e lo arricchiscono. Come ambizioso, non convenzionale, enologo autodidatta, orientato alla qualità, Andreas Bender porta una ventata di novità nelle rigide norme tedesche convenzionali.
Un vino pensato per sostenere il palato in abbinamento al sedano rapa, cavolo, talè di capra, maionese all’arancia, tartufo nero. L’avvolgenza del boccone è sublime, ma quello che mi ha colpita di più è il contrasto sensoriale del cavolo, che spicca già alla vista e stupisce al palato.


A seguire uno dei piatti della tradizione, ovvero il cervo fondente con tuberi, chips, muschi, olio di cirmolo e simpatiche salse che permettono un connubio di sapori dal grande equilibrio che portano direttamente il bosco in tavola. Quanto adoro la capacità di Fabrizia di saper estrarre ogni sfumatura da materie prime, talvolta insolite, e presentarle con semplicità ed eleganza. Elena ci abbina un Borgogna Pouilly-Fuissé del 2017 della Domaine Mont Saint Gilbert. Uno chardonnay fresco che in diverse sorsate permette di apprezzare l'area del Mâconnais in Borgogna. Con questo assaggio ci troviamo catapultati in un territorio che un tempo era sommerso dal mare e con il passare dei secoli il terreno si è rivelato pieno di argilla, calcare e coralli fossili capaci di resistere all'erosione, donando un prodotto ricco e complesso che si presenta con un bouquet composto da note minerali, di mandorle e nocciole, di agrumi e miele.


Passiamo ora ai profumatissimi gnocchetti di rapa sappadina, cheddar, menta e porcini in abbinamento a Campania Rosato IGT “Visione” 2022 della cantina Feudi di San Gregorio. Qui ci troviamo un vitigno storico come l’Aglianico dal carattere irruento e deciso che viene trattato con estrema delicatezza, attraverso una pigiatura soffice ed un breve contatto del mosto sulle bucce, per garantire una minima cessione di materia colorante fino ad ottenere un rosa tenue, perfettamente cristallino. L’impatto olfattivo è di grande freschezza e linearità, il sorso snello e pulito in grado di chiudere bene con l’abbinamento.


Con la prossima scelta Elena ha giocato d’astuzia, proponendoci un vino naturale spagnolo: Vino Rancio “de Sol a Sol” Airèn del 2010 della Bodega Ecològica Bruno Ruiz. Un vino di straordinaria complessità, che non si distingue solamente per gli aromi intensi che danzano nel calice, ma anche per la sua elaborata e articolata produzione. Dopo la fermentazione alcolica rimane sulle bucce per quasi un anno in acciaio per passare poi in affinamento in contenitori di cemento scolmi,"sous voile", per tre anni, dove si forma “la vela”, uno strato di lieviti sulla superficie del vino. Viene poi imbottigliato senza filtrazione e stiamo parlando del 2010. Un vino lunghissimo, decisamente diverso da qualunque altro, che regala emozioni intense all’olfatto, lasciandosi scoprire un po’ alla volta. Frutta a pasta gialla, oliva, erbe officinali e spezie si fondono in un sorso riflessivo, per quanto mi riguarda di difficile beva in solitaria ma di sorprendente perspicacia con l’abbinamento che segue.


Qui raggiungiamo la vetta del pranzo, con magistrali equilibrismi a base di pesce gatto, dashi di montagna, polvere di abete e shiitake. Quelle combinazioni mistiche che hanno il giusto pizzico di attitudine creativa, dal quale emerge la visione e competenza del team di cucina. Una portata che merita il suo tempo meditativo per essere ricordata a lungo.
Arriviamo ora all’intramezzo fresco per pulirci il palato a base di gelato con frutta e verdure croccanti.
Come degna conclusione atterriamo con un calice di Romagna DOCG Albana Passito Muffato del Plino della Tenuta il Plino e una selezione di dolci per non farci mancare nulla:
canederlo di castagne, meringa, alloro, mandarino, yogurt
torta di mele, gelato alla rosa
quasi una gubana
tiramisù


L’esperienza Laite è un’attenta interpretazione dei sapori, con l’assicurazione che i pochi fortunati ospiti porteranno con sé un ricordo indelebile.
Eccellenza stellata ✨
Il Ristorante Laite ha visto fin da subito ripagati gli sforzi e riconosciuti i valori con ottimi riscontri dalla critica tra Gambero Rosso, Michelin, Espresso, divenendo ben presto un punto di riferimento importante per la regione a livello internazionale. Nel 1997 arriva anche la stella Michelin, che perdura fino ad oggi con grande orgoglio.
Pensare che ho conosciuto Fabrizia nel 2018 a Milano, quando lavoravo per Moët Hennessy, alla sua premiazione come Chef donna dell’anno by Veuve Clicquot mi regala ancora bellissime emozioni. Elena, infine, ha ottenuto il freschissimo premio come miglior sommelier d'Italia dalla guida dei Ristoranti 2024, coronando di stelle questa magica vallata.
Conclusioni
Fabrizia, Elena e tutto il team ti aspettano nelle due salette della stube, tra i profumi del legno antico, che raccontano dell’amore di chi le ha costruite. L’esperienza al Laite è un viaggio in cui i luoghi e le tradizioni emergono attraverso le parole tanto quanto ogni singolo ingrediente, e l'esperienza gustativa vi restituirà il significato di questo racconto attraverso i sensi.
Ristorante Laite
Borgata Hoffe, 10 a Sappada
Per info e prenotazioni: 0435 469070 | info@ristorantelaite.com